Parte 1

[Base US Air Force (USAF) di Aviano (VI), interno giorno, area riservata]

Mobilitate tutti i reparti disponibili: dovete trovarlo ad ogni costo, ordinò il Generale Hammond.

[Brindisi, interno pomeriggio, camera da letto]

Non era stata una bella giornata, niente affatto. Antonio era seduto davanti alla scrivania, libri di testo e quaderni fitti di parole riempivano tutto lo spazio disponibile. Era assorto nei suoi pensieri, una turbina tormentosa di rabbia, dispiacere ed angoscia.

Angoscia per le notizie sentite poco prima alla televisione, che da giorni non faceva che parlare di guerra, bombe intelligenti, proteste e armi...

Dispiacere perché quella giornata, con il sole a tre quarti nella sua strada fra l'alba e il tramonto, era iniziata male, proseguita male e probabilmente sarebbe finita peggio. A pranzo aveva subito i rimproveri del padre per il richiamo ricevuto al mattino dalla prof. Antonio era bravo, si impegnava, era il classico "secchione", pupillo degli insegnanti, orgoglio della classe, ma proprio per questo ogni sua manchevolezza anche piccola si trasformava in una tragedia, con i professori pronti a redarguirlo in maniera esemplare ("proprio tu...", "da te proprio non me lo aspettavo...") e i genitori svelti a fare altrettanto, così abituati ad ottenere il massimo dal figlio da non poter accettare serenamente un piccolo incidente di percorso.

E come se le lacrime trasparenti dell'umiliazione a scuola e a casa non fossero state sufficienti, c'era anche la rabbia per il senso di impotenza che lo pervadeva ogni volta che pensava a lei, che trovava nella sua mente o fra le cartelle del PC qualcosa di suo, qualcosa di... Chiara. Chiara, una ragazza di circa un anno più giovane. La serenità e la cordialità fatte persona. Il cuore di Antonio batteva più veloce quando pensava a lei o immaginava di parlarle, anche solo in una chat...

Però da qualche tempo al suo nome aveva associato anche un sentimento di rabbia. Non legato a lei, i rapporti con la sua amica del cuore non potevano andare meglio. La rabbia era dovuta all'impotenza, alla condizione di preadolescenti di entrambi. Tredici anni lui, dodici lei... cosa avrebbero mai potuto fare oltre che chattare la sera in Internet? Certo, si sarebbero potuti scambiare l'email o il numero di cellulare, ma... no, il problema non erano quelle benedette regole della chat... il punto era che Antonio voleva davvero tanto bene a quella ragazzina gentile. Avrebbe voluto incontrarla, offrirle un gelato, passare del tempo con lei, mostrarle le cose che sapeva fare da esploratore scout quale era. Ma come avrebbero potuto? Avrebbe chiesto ai suoi genitori di portarlo dall'altra parte d'Italia a conoscere una persona incontrata in Internet? Probabilmente gli avrebbero tolto il PC a vita per il timore che si fosse cacciato in qualche guaio o fosse finito in chissà quali giri! Per non parlare dei genitori di lei...

Assorto in questi pensieri Antonio non si accorse che una lacrima del suo giovane cuore ferito era andata a bagnare, rovinandola irrimediabilmente, la versione di latino che aveva faticosamente completato poco prima. Tutto da rifare, che giornata disgraziata! E dopo c'erano anche gli scout... bah, meglio finire in fretta i compiti e scacciare certi pensieri, tanto non poteva farci assolutamente niente e in fondo che il mondo fosse ingiusto non era il solo a dirlo.

[Asiago, esterno pomeriggio, strada]

Un'altra giornata era trascorsa serenamente. Chiara a scuola si divertiva. Era una di quelle persone che amano veramente lo studio. Stava attenta alle lezioni, le piaceva apprendere, era sempre cortese e gentile. Un vero angelo della classe, di quelli che ogni professore vorrebbe avere di fronte.

Chiara viveva in un paesino della provincia veneta. Case basse, strade tranquille piene di verde, in certe ore un trionfo di serenità. La casa di Chiara poi era un po' fuori dal paese quindi lei stava ancora meglio. Peccato per i mezzi pubblici, pochi e sempre pieni, e per le strade spesso senza marciapiedi e quindi un po' pericolose! Chiara di solito per tornare a casa prendeva l'autobus che passava davanti alla scuola e in 5 minuti arrivava a una piazzola a 200 metri dal suo cortile. Quel giorno però proprio non ne voleva sapere. Per quanto amasse lo studio, cinque ore piene fra italiano, matematica e tecnica l'avevano stremata. Voleva uscire, voleva aria, voleva respirare a pieni polmoni l'odore dell'erba fresca che la primavera stava portando nei prati, voleva... correre!

E così fece. Corse serena in quel pomeriggio di marzo, mentre dalle case risuonava il rumore delle posate dei pranzi e per le strade tutto era quieto. Non fosse stato per qualche TV accesa a tutto volume sulle disgrazie del mondo, il paese sarebbe apparso come addormentato, come un bimbo felice che ha mangiato e ora dorme sereno nella sua culla.

Immersa in questi pensieri Chiara non sentì il rumore del grande camion che era sopraggiunto alle sue spalle. Se ne accorse solo all'ultimo istante. Appena il tempo di gettarsi lontano dalla strada, sospinta dalla forza della disperazione e dal terrore! Mai coscientemente si sarebbe lanciata verso il vuoto sul lato destro della via ma quando la paura ti prende e l'unico scopo è sopravvivere sei disposto a tutto, anche ad affrontare... l'ignoto. Una caduta non fa paura se l'alternativa è una morte certa e terribile!

Chiara rotolò per terra lungo un dislivello che sembrava non finire mai... ferendosi... sbattendo la testa... gridando per il dolore!

Gli occhi bagnati dal pianto e dalla paura, il corpo che tremava come una fogliolina al vento. Non realizzò subito cosa fosse successo. Era dolorante e terrorizzata. Tremava e aveva freddo. D'istinto afferrò il cellulare. Mamma. Papà. Pensò alle persone che avrebbe potuto chiamare. Ma per dire cosa, per spiegare cosa? Si accorse che nella sua mente c'era il vuoto. D'un tratto non capì più dov'era, cos'era successo, perché si trovava in quello stato. E si abbandonò in lacrime. Pianse a dirotto, un pianto disperato, mentre la mente piano piano prendeva coscienza di quanto era accaduto. Il camion, la caduta, le ferite. Quel dolore lancinante alla caviglia. Forse una frattura? Oddio e come avrebbe fatto col nuoto, la piscina, la scuola... no no no, cosa avrebbero detto i genitori che tante volte le avevano raccomandato di stare attenta lungo quel tratto di strada? No no no anche i rimproveri, no... e se fosse stata ricoverata non avrebbe potuto vedere chissà per quanto i suoi compagni, i suoi amici, Antonio... no no no no! Afferrò il cellulare... "batteria scarica" fece appena in tempo a leggere prima che il suo unico contatto col mondo si spegnesse. Adesso era sola, da qualche parte. Così vicina e così lontana dal suo mondo. Pianse.

[Brindisi, esterno tardo pomeriggio, luogo di campagna isolato]

Finalmente Antonio ce l'aveva fatta! La versione di latino era completata e con lei tuuuuutti i compiti della settimana. Era la "pena" che i suoi genitori gli avevano inflitto per il richiamo del mattino. Ora finalmente poteva uscire e andare agli scout per completare la sua missione... ma... accidenti che tardi! Presto sarebbe stato buio! Erano già le cinque, doveva sbrigarsi.

Antonio prese il telefonino, il libretto con gli "ordini" e partì. In fondo era un impegno anche far parte degli scout. Da piccolo lo viveva come un gioco, ma adesso era diventato qualcosa di diverso. Sentiva degli obblighi. Non che non gli piacesse, per carità, ma non c'era più la spensieratezza di qualche anno prima. Era un esploratore ora, mica un lupetto. In compenso poteva agire di sua iniziativa anche se i capi scout sconsigliavano sempre di comportarsi così. Ma quella volta "doveva": era tardi, non voleva andare in giro col buio né rincasare troppo tardi. Un saltino in chat a salutare gli amici voleva farlo già prima di cena.

Così decise di non passare per la tana e andare direttamente in campagna. La missione quel giorno non era difficile: bisognava raccogliere dei "fiori di campo" per una lezione che la sua squadriglia avrebbe dovuto tenere ai lupetti la domenica successiva. Anche Antonio, come Chiara, abitava in un paesino e raggiungere un campo non coltivato era facile e non c'era motivo di perdere tempo alla tana. Non quel giorno, non per una cosa tanto banale.

Il bel sole di quel pomeriggio primaverile lo rallegrava e addolciva i pensieri che qualche ora prima l'avevano fatto piangere dalla rabbia. Non era cambiato nulla ma quel clima, l'aria di marzo, i fiori, il verde, tutto contribuiva a dargli serenità. Beh, magari non tutto, perché l'idea di passare una mattinata a spiegare a cuccioli di otto anni come riconoscere i fiori non lo attirava troppo, ma qualcuno lo aveva fatto con lui e adesso era il suo turno. Anche questo è crescere, anche se avrebbe preferito avere vent'anni, andare all'aereoporto, prendere l'aereo e volare su, a trovare Chiara e magari, perché no gli altri amici. Già, un aereo... da un po' di giorni gli aerei gli venivano in mente spesso. Forse perché ne vedeva passare molti più del solito. Partivano da una base NATO da quelle parti, non sapeva bene dove. Ma non erano aerei normali, erano F117 Stealth, volavano bassi, non erano armati, sembrava quasi che cercassero qualcosa... Boh!

Assorto a contemplare quello strano via vai di aquile d'acciaio, Antonio fu riportato di soprassalto alla realtà dal possente clackson di un camion che stava arrivando alle sue spalle. La strombazzata era diretta ad un'auto che procedeva troppo lentamente ma Antonio d'istinto si ritrasse, finendo quasi nel campo affianco alla strada. Il camion era sufficientemente distante da lui eppure Antonio sentì un brivido corrergli lungo la schiena, come se qualcosa di terribile fosse successo a poca distanza da lui. Si guardò attorno ma era tutto OK. Osservò ancora una volta la strada ed il punto nel quale si trovava poco prima: il camion non avrebbe certo potuto andargli addosso, era ad almeno 3 metri di distanza! Ma perché quella sensazione di tragedia incombente allora?

[cielo a nord di Brindisi, interno sera, abitacolo F-117]

Qui "fox-1", scansione settore 42.4 completata, mi porto al settore 42.5. La radio gracchiava mentre il pilota dell'aquila d'acciaio completava l'ennesima rilevazione. L'abitacolo luccicava di strumenti di ogni sorta, un capogiro di informazioni, ma il vero spettacolo era all'esterno, tutt'attorno all'aereo. Oltre il suono roboante dei motori, oltre quel concentrato di tecnologia capace di sentire e vedere qualsiasi cosa a distanza di chilometri. Lo spettacolo era il sole rosso che iniziava a scendere oltre l'orizzonte, illuminando di fuoco le maestose nubi stagliate in un cielo libero da ostacoli e disteso su un panorama troppo piccolo per poter essere distinto. Un'immagine struggente che toccava il cuore di quel pilota navigato, chiamato alle missioni più difficili. Per un attimo la sua mente si proiettò in un vortice di fantasie. Impennare l'aereo, abbandonare la rotta prefissata, farsi un baffo del del centro di controllo, dei sei satelliti spia puntati per l'occasione su quel lembo di terra, dire "ciao ciao!" ai generali, alla NATO, all'USAF. Cambiare rotta. Seconda stella a destra e poi... dritti fino al mattino, con il cielo come limite.

Ma fu solo un attimo. Non poteva distrarsi e un segnale acustico lo riportò alla realtà. Si affrettò a controllare un piccolo monitor. Un flusso di cifre nere su sfondo blù. Leggibile quanto il cellulare di mia figlia, pensò per una frazione di secondo. Poi senza emozione, che aveva lasciato a quel tramonto e ai sogni di libertà, comunicò al centro di controllo la notizia tanto attesa: rilevate tracce di materiale "Naquaada" alle coordinate 42.5.47. Confermo trasmissione. La radio gracchiò in risposta. "fox-1 ricevuto, torno alla base" -ora tocca alle squadre di terra, pensò- "Passo e chiudo".

FINE PRIMA PARTE
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