Parte 2

[Asiago, esterno sera, luogo di campagna non meglio identificato]

Freddo. Umido. Tutt'attorno il buio. Chiara aprì gli occhi svegliata dal rumore di un aereo come i tanti che in quel periodo volteggiavano sopra il suo cielo, aumentando le paure di una fogliolina esposta ogni giorno a notizie di guerra, bombe intelligenti, morte...

Ma in quel momento Chiara non poteva pensare a paure lontane. Il suo risveglio era stato uguale a quello di chi vive una qualche tragedia. Per un attimo l'anima è rasserenata dal riposo e dall'eco dei sogni, poi d'un tratto, come una fitta nebbia, cala l'angoscia per la tragedia persistente che si è chiamati ad affrontare. Così in pochi secondi la situazione in cui si trovava le fu di nuovo presente. Quel camion che le piombava addosso, il terrore, la disperazione, la caduta, la consapevolezza di essere sola, davvero sola.

Ed ora il buio. Ma quante ore erano passate? E i suoi genitori? Sicuramente erano preoccupati! Oddiomio... Dio mio, ma cosa poteva fare ora? Ancora un attimo di spavento, poi ebbe una strana sensazione. Vide vicino a sé dei fiori, si allungò per coglierli e provò qualcosa che non seppe spiegarsi. Si sentì appagata, come se avesse trovato quello per cui era andata lì. Ma come? Che senso aveva? Lei non era lì per quei fiori, lei... non era affatto andata in quel posto, ci era finita! La sua coscienza rifiutò quei pensieri che non riusciva a capire, a inquadrare, e d'istinto Chiara fece per alzarsi, per... un urlo disperato e rabbioso frantumò i pensieri di quel piccolo cuore confuso. La caviglia le provocò un dolore atroce e Chiara si lasciò nuovamente cadere sulla dura terra di quel campo. Restò immobile, stordita, impaurita e terrorizzata all'idea di provare ancora quel dolore atroce. Quando la paura si attenuò aprì gli occhi ancora bagnati di lacrime.

E vide dinnanzi a sé un oggetto strano, una piccola sfera. Sembrava d'argento. L'afferrò. Emetteva un forte calore. Effettivamente anche se era marzo ormai s'era fatta sera, eppure Chiara non sentiva freddo. Si rese conto che da quando aveva preso in mano quella sfera non sentiva più freddo in nessuna parte del corpo. Strano. Ma non stette tanto a rifletterci e la mise in tasca. Era immobilizzata, ferita, al buio. Lontana da tutto e da tutti. O almeno così credeva.

Chiara! Chiara! Eccola è lì!!! Piccola mia cosa ti è successo, cosa hai fatto?! Stai bene? I genitori le corsero intorno riempiendola di domande. Lei disse che era ferita, indicando la caviglia. Il padre la guardò ma non c'era niente. Eppure avevo male, ripetè Chiara. Mah, forse è stata una sbucciatura. Forse è stato lo spavento. Ma dimmi bene cosa è successo! E nel chiederglielo il padre la prese in braccio e la portò con sé verso una scaletta che conduceva alla strada. Effettivamente la caduta era stata rovinosa. Almeno 50 metri, ma non ti sei fatta niente, è quasi un miracolo, esclamò la madre che portava ancora i segni dell'angoscia di un genitore che non sa dov'è la propria figlia. Chiara era confusa. Come poteva non essersi fatta niente precipitando da una discesa tanto ripida? E perché nessuno capiva che si era ferita, che aveva avuto davvero tanto male?

[Brindisi, esterno sera, luogo di campagna isolato]

Antonio era ancora interdetto: non riusciva a spiegarsi la sensazione di pericolo vissuta poco prima. Il corpo irrigidito. Brividi. Non era solo lo sconcerto per la strana sensazione provata, aveva proprio freddo! In effetti si era fatto tardi. Aveva pensato troppo quel giorno, proprio come gli rimproverava spesso il padre: tu ti perdi a fantasticare e non combini niente! In realtà suo padre era orgoglioso di lui ma voleva il massimo dal figlio e quindi spesso era oltremodo severo. A essere razionale Antonio capiva queste cose ma ci rimaneva comunque male e incamminandosi verso casa sospirò pensando alla lavata di capo che lo aspettava.

Poi di colpo si ricordò perché era andato lì! Accidenti, per poco dimenticava i fiori! Una corsa. Un ramo non visto... e si ritrovò per terra, nell'erba particolarmente alta di quel campo incolto. Ci mancava solo questa, pensò. Adesso ho pure sporcato la giacca nuova, chi la sente mia madre!!!

Quasi senza accorgersene Antonio si trovò fra le mani una strana sfera d'argento. Emanava calore. Gli diede una sensazione rassicurante. Non capiva perché ma qualcosa gli diceva che la paura di poco prima ormai era da considerarsi un pericolo scampato. Ma di cosa poteva trattarsi? Lui non aveva corso nessun pericolo. Non ancora, almeno!

[Base USAF di Aviano (VI), interno sera, area riservata]

Il generale Hammond prese il microfono e comunicò agli uomini sul territorio: le squadre tango 1, 2 e 3 convergano alle coordinate 42.5.47, cieli liberi, il traffico aereo civile è stato sospeso su direttiva NATO per questioni di sicurezza internazionale. In quel momento il colonnello Maybourne entrò inatteso nella stanza, prese la parola e aggiunse: siete autorizzati dal governo USA ad utilizzare ogni mezzo per adempiere alla missione. Eliminate eventuali testimoni. A microfono spento Hammond intervenne chiedendo se era davvero il caso di dare un simile ordine. Generale, fu la risposta, non sappiamo con cosa abbiamo a che fare, dobbiamo recuperarlo ad ogni costo. L'agenzia governativa per la quale lavoro ha istituito un allarme di massimo livello quindi nella zona delle operazioni ora possiamo agire come riteniamo più opportuno. Hammond lo squadrò pensieroso. Forse Maybourne sapeva più di qunto dicesse, come già avvenuto in passato. Forse sapeva esattamente con che cosa avevano a che fare. Lo sguardo preoccupato del colonnello non fece che accrescere i timori del generale.

[Brindisi, esterno sera, luogo di campagna isolato]

Antonio era ancora a terra, nascosto dall'erba alta del prato. Non erano passati che pochi secondi da quando era caduto e d'improvviso si trovò in un girone infernale! Dal cielo rumore di elicotteri da guerra e fasci di luce bluastra, a terra il suono di possenti jeep da cui erano scese persone che ora correvano gridando ordini in una lingua a lui incomprensibile. Sembrava una battuta di caccia e si sentì la preda. Ma chi erano? Cosa volevano da lui? Cosa potevano mai volere da un ragazzino di tredici anni?! La sua mente fu attraversata da tante domande. Era la polizia? Magari poteva alzarsi, farsi riconoscere... ma cosa avrebbero detto trovandolo lì, nascosto, di sera tardi? L'avrebbero preso per un criminale?! E se invece fossero stati loro i criminali, magari contrabbandieri?! Quelli se vedono testimoni non esitano a far fuoco! Sparare, con le pistole! Non era un gioco, non era una missione con gli scout! I colpi d'avvertimento sparati in aria per allontanare un contadino di passaggio, fuggito appellandosi in dialetto a tutti i santi, erano decisamente veri!

Le voci si avvicinavano, passi rumori, suoni, Antonio ebbe paura e iniziò a correre! La schiena ricurva per restare il più possibile nascosto nell'erba... tutt'attorno l'inferno sembrava avvolgersi attorno a lui! Il rumore degli elicotteri era sempre più vicino, i passi degli uomini che avevano invaso il campo erano ogni istante più fitti! Antonio correva, non aveva più fiato per piangere, i muscoli delle gambe ormai erano doloranti ma non si voleva fermare: era sicuro che se qualcuno l'avesse visto per lui sarebbe stata la fine! A un certo punto il silenzio. Era solo, con il battito del suo cuore impazzito e i respiri affannosi. Non sentiva nient'altro attorno a sé ma continuò a correre, finché non raggiunse l'asfalto della strada. Scivolò, si ferì alle ginocchia e alle mani ma doveva alzarsi, andare avanti, non c'era tempo nemmeno per avere male! Non sapeva chi "aveva dietro" e continuò la sua fuga precipitosa, fermandosi ansimante e in un bagno di sudore solo vicino alle prime luci del paese, fra la curiosità della gente che lo guardava divertita e che mai avrebbe creduto alla sua storia.

Poi fu solo il mesto ritorno a casa, dove avrebbe dovuto giustificare il suo stato. Frugò nella giacca. Due fiori stropicciati e quella strana sfera che inavvertitamente aveva messo in tasca un attimo prima che un campo incolto si trasformasse nel teatro di un incubo. Per fortuna che i fiori li ha presi Chiara, si stupì a sospirare. Non fece in tempo a finire la frase che realizzò l'assurdità di quanto aveva pensato. Chiara, la sua tenera amica, era lontana centinaia di chilometri. Lei non sapeva dei fiori né poteva immaginare ciò che gli era successo in quel pomeriggio di ordinaria follia. Sicuramente era a casa, stava finendo i compiti e poi lo avrebbe tranquillamente aspettato in chat come ogni sera. La chat... un senso di calore e familiarità pervase Antonio, che si sentì rinfrancato dal pensiero degli amici, persone che pure conosceva solo tramite lo schermo di un PC, ma che per lui rappresentavano affetto e punti di riferimento. E quella sera li avrebbe ritrovati tutti. Quella sera aveva un disperato bisogno dei suoi amici, delle loro battute, di... aveva bisogno di Chiara.

[Asiago, interno sera, camera di Chiara]

Come vorrei sentire Antonio, sospirò Chiara, guardando il monitor spento del suo PC. Era nel letto, intirizzita, ma non aveva preso freddo, nonostante le temperature a cui il suo corpo inerme era stato esposto per ore. Miracolosamente non aveva neanche una linea di febbre. Il fisico era sano. Lo stesso non si poteva dire dell'anima, provata tanto dallo spavento per lo scampato incidente, quanto, se non di più, dagli strani eventi che avevano accompagnto quel pomeriggio. Già, era passato un pomeriggio. Chiara non riusciva a percepire il tempo trascorso. Guardando dalla finestra vedeva il buio della notte, l'orologio a cucù, dolce ricordo dell'infanzia, indicava le 22, eppure per lei erano ancora le due del pomeriggio. Le sembravano trascorsi pochi minuti da quando stanca ma soddisfatta per la giornata di studio se ne era uscita allegramente da scuola. Poi il camion, poi... no, non ci voleva pensare!

La madre entrò in camera: come stai? Domani resti a casa per sicurezza, va bene? Normalmente si sarebbe opposta, stava bene a scuola. Un giorno a casa era un giorno di noia! Quella sera però sussurrò un mesto "va bene...". Il suo animo era troppo confuso per opporsi a qualsiasi cosa. Avrebbe voluto rifugiarsi in chat ma era stremata. Dormire era l'unica cosa da fare, magari per dieci, dodici ore o più. Dormire e dimenticare. Diresse lo sguardo verso il PC e poi accettò di abbandonarsi al sonno che persino la sua pestifera e amata sorellina aveva deciso di concederle, scegliendo di dormire buona buona nel letto accanto al suo. Chiara si guardò attorno un'ultima volta, osservò i nomi degli amici cui voleva bene memorizzati nella rubrica del cellulare, rilesse qualche SMS a lei caro per sentire più vicine, più sue, tutte le persone che le avevano regalato un po' del loro tempo... e poi si appoggiò sul cuscino. Pochi minuti e dormiva già.

[Base USAF di Aviano (VI), interno notte, area riservata]

Il generale Hammond ordinò di sospendere le ricerche. Qualunque cosa fosse, ciò che cercavano i corpi scelti dei marines non si trovava più dove lo Stealth lo aveva rilevato qualche ora prima. E' inutile rischiare di attirare l'attenzione dei civili, ritiratevi. Riprenderemo le rilevazioni satellitari ed aeree.

Dannazione, sospirò Hammond una volta chiusa la comunicazione. Chissà in che mani è finito. Chissà che cosa sta per succedere. Non ebbe risposta. Nessuno in quella sala poteva dargliela. Nessuno in realtà aveva idea di cosa stesse succedendo. Già il clima ad Aviano non era dei migliori, fra minacce terroristiche e venti di guerra, ma che di colpo arrivasse l'ordine di dare tutta l'assistenza possibile a quel generale semi sconosciuto era una cosa che aveva colto tutti di sorpresa!

Oltretutto quell'ordine non veniva dalla sede più naturale, ovvero il comando delle forze alleate del sud Europa a Napoli. No, arrivava direttamente dal Pentagono che aveva imposto anche il passaggio del livello di allarme a "Delta", il massimo. Nemmeno nei momenti peggiori si era arrivati a tanto! Eppure per quell'uomo venuto dal monte Cheyenne in USA si erano mobilitati tutti. Caccia "invisibili" Stealth in ricognizione 24 ore al giorno senza che il governo locale battesse ciglio, satelliti spia riposizionati dalle zone calde del medio oriente alla penisola italiana. Strani ordini, sensori alla ricerca di un materiale di nome "Naquaada" mai sentito prima e dalle proprietà incredibili. Termini incomprensibili, misteriose apparecchiature di rilevazione installate sui caccia senza alcuna spiegazione. Alla base c'erano molte perplessità. Ma si trattava di militari: quelli erano gli ordini e andavano eseguiti. La fedeltà alla gerarchia però non impediva a molti di avere una sensazione di sconforto, di paura. C'era in ballo qualcosa di grosso. Non sapevano di cosa si trattasse e quell'incertezza era la cosa peggiore. Per tutti.

FINE SECONDA PARTE
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